Per il secondo anno consecutivo la Juventus non vincerà un trofeo al termine della stagione. Un segnale di come il ciclo bianconero sia ormai finito e ci sia bisogno di ricostruire per ritornare ad alti livelli. Ma per ripartire prima di tutto serve capire quale sia la strada migliore da percorrere: e se da un lato in casa Juve ottime risposte sono arrivate dai giovani cresciuti grazie alla NextGen (Fagioli, Miretti, Iling-Junior e Soule), dall’altro gli investimenti fatti non hanno soddisfatto a pieno le aspettative. Tra questi, forse il nome che scotta di più è quello di Dusan Vlahovic. Il serbo può fare molto di più rispetto a quanto visto in questi 18 mesi e il suo ingresso in campo contro il Siviglia lo ha fatto intravedere.
Come dicevamo, il suo ingresso in campo con il Siviglia: primo pallone toccato, stop a seguire per accentrarsi e attaccare la porta e tocco sotto per il gol del momentaneo 0-1. Freddezza, la stessa che si era vista contro il Villarreal nell’andata degli ottavi di Champions League della passata stagione.
14 gol in 41 presenze in tutte le competizioni per una media di una rete ogni tre partite: numeri che sottolineano il valore dell’attaccante (nonostante questa stagione sia stata segnata da infortuni e prestazioni non all’altezza).
L’aspetto principale sul quale Vlahovic deve lavorare è la testa: troppo nervoso a volte, soprattutto quando il gol non arriva da un po’. In una squadra come la Juventus le pressioni sono sempre all’ordine del giorno e, quando arrivi a Torino grazie a un investimento oneroso della società, sei costretto a dimostrare ogni partita. Ma i bianconeri dipendono dai gol del serbo: contro il Siviglia, infatti, è stata la prima volta in questa stagione che la Juventus ha perso nonostante Vlahovic avesse segnato. Dato, quindi, che certifica l’ex Fiorentina come punto di riferimento per ripartire.