Sei mesi dopo aver assunto l’incarico di commissario tecnico dell’Italia, Luciano Spalletti ha stilato un bilancio personale nel corso di un’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport. Dall’ambizione di vincere EURO2024, al gap con le principali Nazionali del continente; dal commento alla stagione dei calciatori azzurri, a un’indicazione di carattere tattica: sono numerosi gli spunti di riflessioni offerti.
Innanzitutto Spalletti traccia un resoconto sulle aspettative che nutriva, focalizzando l’attenzione sui lati da migliorare: “Rispettate da un punto di vista del lavoro da fare. Abbiamo guadagnato la qualificazione, meritandola. Siamo stati coerenti nelle scelte e nel giocare un calcio propositivo, senza mai abbandonarlo. Ma dobbiamo essere più bravi a mantenerlo per tutta la durata delle gare: non ci siamo ancora riusciti”.
Poi ha ripercorso la strada che lo ha portato all’attuale ruolo spiegando: “È il momento più alto della mia carriera e del mio percorso di uomo. Io sono una persona tranquillissima e maledettamente per bene, nonostante episodi del passato abbiano fatto pensare il contrario a qualcuno. Certo, l’età ha anche smussato qualche angolo del mio carattere, però in ambito professionale sono sempre stato estremamente corretto“.
E ha proseguito: “Per riuscirci a volte sono stato costretto a prendere posizioni che non sono piaciute all’opinione pubblica, ai tifosi o a chi giudicava da fuori. Ma all’interno dello spogliatoio i miei comportamenti sono sempre stati giusti e necessari per ottenere risultati di squadra. Voglio sperare che mi sia stato affidato il ruolo da c.t. non solo per le mie capacità da allenatore ma perché come uomo posso rappresentare bene la Nazionale del Paese più bello del mondo“.
Dopodiché ha fissato dei chiari obiettivi: “Io ho bisogno di far venire fuori una Nazionale forte, non mi accontento di nulla. Voglio vincere l’Europeo e poi voglio vincere il Mondiale. Poi possiamo uscire anche subito, ma i discorsi che faccio alla squadra sono quelli che si aspettano tutti gli italiani: si va in Germania per vincere, non per partecipare. Lo richiede la nostra storia. Per riuscirci ho bisogno che i calciatori diventino meglio di quello che sono. Non ho il tempo di esercitarli: serve qualcosa che gli entri dentro e gli accenda un fuoco, gli faccia sgranare gli occhi, gli dia la convinzione di potercela fare”.
Questa la sua opinione sul gap che separa gli azzurri dalle grandi d’Europa: “Lo so che Inghilterra, Francia, Spagna e Germania sono forti, ma noi possiamo essere alla loro altezza. Però non si vince con calciatori che giocano bene solo per 20’, ma con quelli che fanno tante cose per 90’. E che sono dentro la partita anche se entrano dalla panchina o se sono in tribuna”.
E ancora: “Le energie mentali non vanno sprecate per gestire chi mette il muso. Perché sono energie tolte alla preparazione delle partite e noi non possiamo permettercelo. Per questo dobbiamo scegliere ragazzi propositivi, affidabili, con entusiasmo. Chi non ha queste caratteristiche può stare a casa, non ci serve. Voglio un gruppo sano e lasciare un’orma in questi tre anni, poi posso anche smettere”.
Poi il filo del discorso si è spostato su indicazioni di carattere tattico: “Osservo le difficoltà, ma in Nazionale alcuni cambiano compiti e rendimento. In ogni caso io devo essere pronto a sterzare e a trovare soluzioni alternative: voglio provare il 3-4-2-1 per tentare di mettere più a proprio agio alcuni calciatori. Mantenendo una propensione offensiva, senza tornare sempre a 5 dietro in fase di non possesso, creando equilibri che ci consentano di fare sempre la partita a viso aperto”.
Queste, invece, le riflessioni sui calciatori che potrebbero vestire la maglia azzurra agli Europei: “Buongiorno è fortissimo, Bellanova una forza della natura, Calafiori è pronto, Fabbian una sorpresa, Gaetano ora gioca, Folorunsho una belva e poi Cambiaso, Baldanzi, Lucca, Carnesecchi, Di Gregorio, Provedel… Nella rosa ci possono essere petali nuovi. La lista è di 23 ma ne porterò in pre-convocazione 4 o 6 di più“.
Alla domanda sullo scarso minutaggio concesso nell’Inter a Davide Frattesi, il c.t. ha risposto: “Mi dispiace, ma lo avrò più fresco agli Europei. Lui è uno che riempie sempre bene la scatola della partita”.
Si è espresso sulla sorpresa del campionato: “Nel Bologna rivedo molte cose del mio Napoli, gioca un calcio europeo. Sovraccarico intorno alla palla e scambio continuo di posizioni mantenendo un equilibrio di squadra. L’Atalanta non è più una sorpresa: ha completato il suo percorso, è una squadra matura, solida. E poi ha Koopmeiners…”.
Chi preferisce guardare in Serie A è il Milan di cui dice: “Probabilmente tra le grandi è la più camaleontica e le sue partite sono sempre diverse. Sanno fare un po’ tutto, Pioli riesce sempre a mandare in campo una squadra competitiva ad alti livelli, valorizzando le qualità dell’intera rosa”.
Infine il commissario tecnico dell’Italia ha concluso l’intervista con un pensiero a Daniele De Rossi: “È stato molto carino ad affermare di ‘essere un figlio di Spalletti’, lo ringrazio. L’impressione che mi trasmette in panchina è che oltre ad essere l’allenatore, ha mantenuto vivo il carisma del capitano che è stato, del leader che si spende per la squadra. Questo i suoi calciatori lo percepiscono e glielo stanno restituendo sul campo. In più ha portato alla Roma un cambio di mentalità e di gioco. Non era facile in così poco tempo”.