Juventus, McKennie: “Vorrei essere ricordato come uno forte in un ruolo”
Il centrocampista della Juventus Weston McKennie ha rilasciato un’intervista a Dazn, insieme al suo compagno di squadra e nazionale Timothy Weah, per la rubrica “Culture“. Il giocatore texano nel corso dell’intervista ha toccato vari argomenti, tra il suo ruolo alla Juventus e il rapporto con Pulisic.
Juventus, l’intervista di McKennie a Dazn
McKennie ha iniziato la sua intervista a Dazn raccontando di quanto sua madre sia stata fondamentale nella sua crescita, e di come la dedizione con cui si è presa cura di lui sia stato uno dei principali motivi per cui si trova dov’è. In seguito ha proseguito raccontando del suo carattere e del suo modo di essere, e di come spesso venga frainteso: “Tutti pensano che sono in cerca di attenzioni ma è solo la mia personalità. Ad esempio, se sto guidando in città sono sempre quello con i finestrini abbassati e la musica a palla, tutti pensano che voglia solo farmi riconoscere”.
Il centrocampista della Juventus e poi venuto alle questioni di campo. L’ex giocatore dello Schalke 04 si è detto non sorpreso del ruolo in cui Allegri lo sta schierando in questo inizio di stagione: “Me lo immaginavo perché prima di andarmene, in inverno, avevo giocato quinto a destra quando si è infortunato Cuadrado. Sono sempre stato in grado di giocare in diversi ruoli, il che è un’arma a doppio taglio. Alla fine della mia carriera vorrei essere ricordato come uno forte in un ruolo e non buono in tanti. Mi vedo come un 8, un centrocampista, ma come ho sempre detto farò di tutto per far vincere la squadra“.
Il giocatore americano ha concluso la propria intervista parlando del connazionale, nonché prossimo avversario in campionato, Christian Pulisic: “Io gioco con Pulisic da quando avevo 13 anni. Nei club siamo sempre stati in squadre rivali, io allo Schalke, lui al Dortmund, ora Milan e Juve. Avevamo una partita il giorno del ringraziamento e le nostre famiglie erano in città. Siamo andati a cena insieme e ci siamo fatti una foto, a quel punto tutti volevano ucciderci. Io pensavo solo che quella fosse una festa americana“.