L’attaccante della Juventus, Arek Milik, ha rilasciato un’intervista a “La Gazzetta dello Sport“
Arkadiusz Milik ha concluso la sua stagione con la maglia della Juventus. Non è stata certamente tra le stagioni più brillanti della sua carriera, come dimostrano le 4 reti segnate in 24 partite di campionato.
Adesso, però, si sta preparando per Euro2024 che dovrà affrontare con la sua Polonia.
Inizialmente si è soffermato sulle differenze di vita tra la Polonia e l’Italia: “Dopo quasi sei anni in Italia tra Torino e Napoli, sto capendo il vostro stile di vita. Mangio e mi vesto come voi, ma soprattutto la mia mentalità è cambiata molto. Ero molto preciso e schematico, adesso agisco con più calma e spensieratezza“.
Successivamente ha proseguito: “Il calcio è sempre presente nella mia vita, ci penso spesso. Adesso però, grazie anche all’esperienza, vedo le cose in modo diverso e penso di meno ad eventuali errori commessi in partita. Tutto questo è anche merito del lavoro mentale che sto facendo con un professionista”.
Il calciatore bianconero ha trattato un tema molto importante: “Nella vita ognuno di noi deve avere un obiettivo. Questo ci permette di essere motivati e mettere da parte tutte le distrazioni, in modo tale da essere completamente focalizzati su quello che vogliamo. È un discorso che va aldilà dello sport, vale nella vita“.
Ha continuato ricordando la sua infanzia:“Un mio gol indimenticabile? Avevo 14 anni, me lo ricordo benissimo. Era appena iniziata la partita, mi passano la palla, decido di calciare da centrocampo e segno. Da lì ho capito di voler fare il calciatore? No, quando è successo lo ero già diventato. Da piccolo mi hanno sempre detto che ero speciale”.
Infine ha concluso: “Nel calcio mi sono ispirato a Henry e Cristiano Ronaldo. A inizio carriera giocavo come esterno e guardavo le skill di CR7 su YouTube, ho sempre cercato di imitarlo. Un altro sportivo che merita una menzione è certamente Kobe Bryant, la sua mentalità era pazzesca”.
“Perché Thierry Henry? Da piccolo convinsi i miei compagni di squadra a comprare maglie simili a quelle dell’Arsenal, perché appunto ci giocava lui. All’epoca nessun giocatore polacco giocava in Europa ad alti livelli e così cercavamo un simbolo di ispirazione nei giocatori dei top club“.